Tomaso Buzzi, l’Architetto volante -per l’attitudine ad osservare dall’alto oggetti, animali, persone, idee- compone a volo d’uccello tra la val Tiberina e la valle del Chiani la sua sinfonia: un’antologia in pietra animata da una moltitudine di segni, tracce, simboli e creature mitologiche. Dal carattere di autobiografia architettonica, la Città Ideale assume una fisionomia cangiante, richiamando ora il profilo aguzzo della pinna di un cetaceo, ora l’impronta a terra di un crostaceo con le chele protese. In una piega del paesaggio umbro dalla memoria francescana, prendono forma le quinte teatrali di cui si compone: elementi tratti dal lessico architettonico neo manierista, pareti vegetali, modellazioni del suolo che occultano la percezione dell’orizzonte, per poi rivelarlo di nuovo. Sorgendo nel luogo dove S. Francesco realizzò una capanna, diventa il locus amoenus in cui il viandante medievale, il pellegrino, il mercante, il lebbroso trovano ristoro. Nel toponimo stesso, la Scarzuola, è custodito il segreto della sua genesi: la Scarza, specie palustre, via di mezzo tra pianta terrestre ed acquatica, trae nutrimento dalle radici, ma ha bisogno per sopravvivere di abbondante acqua, fino ad esserne sommersa. Il paesaggio collinare diventa così acquitrinoso ed insieme ad esso, anche la Città rivela la sua natura anfibia. Fondendo la sua sostanza con la sostanza del luogo, vede da un lato innalzarsi un’acropoli di templi agglomerati in una sequenza di guglie, cilindri, sagome, membrature, densa di stratificazioni e complessità di articolazioni, dall’altro infittirsi il ritmo di uno skyline di torri vegetali che paiono ad un tempo essere emulate ed emulare la composizione delle torri minerali. Gli elementi che cingono questa commistione tra il teatro e la scena, delimitano un recinto, primigenio atto di fondazione delle città, che configura una stasi. I portici sono anzitutto rifugio, protezione dall’angoscia della vastità dello spazio, riparo dall’abbaglio di una luce troppo forte, frammenti di un bisogno di penombra. Il paesaggio pietrificato, fuori dal tempo è però attraversato dal vento, che anima i cipressi e tutte le altre particelle di specie vegetali: la stasi prende vita ed il recinto trasborda verso l’orizzonte: nella concatenazione di teatri e terrazzamenti si legge progressione; i portici da riparo diventano passaggio, sequenza di sequenze, percorso iniziatico attraverso la bocca della balena. Polifilo, amante di Polia, può forse indicare al nomade che si è stanziato e ad una città che si è fatta sentiero, la vocazione ultima delle cose: la fede nella sopravvivenza attraverso la metamorfosi e l’inclusione della contraddizione. Buzzinda che soffre di troppe cose, personale museo delle Idee rifiutate, collezione di rovine incompiute, frammento di sogno cristallizzato, sebbene sia realizzata in pietra, è fatta di tufo, materia tenera suscettibile di essere sempre di nuovo plasmata: monumento al divenire, metafora di selva animata.

Sulla Natura della Scarzuola di Tomaso Buzzi. La sinfonia che risarcisce la perdita / Piselli, Alberta. - (2023), pp. 373-389. [10.7413/1234-1234014].

Sulla Natura della Scarzuola di Tomaso Buzzi. La sinfonia che risarcisce la perdita

alberta piselli
2023

Abstract

Tomaso Buzzi, l’Architetto volante -per l’attitudine ad osservare dall’alto oggetti, animali, persone, idee- compone a volo d’uccello tra la val Tiberina e la valle del Chiani la sua sinfonia: un’antologia in pietra animata da una moltitudine di segni, tracce, simboli e creature mitologiche. Dal carattere di autobiografia architettonica, la Città Ideale assume una fisionomia cangiante, richiamando ora il profilo aguzzo della pinna di un cetaceo, ora l’impronta a terra di un crostaceo con le chele protese. In una piega del paesaggio umbro dalla memoria francescana, prendono forma le quinte teatrali di cui si compone: elementi tratti dal lessico architettonico neo manierista, pareti vegetali, modellazioni del suolo che occultano la percezione dell’orizzonte, per poi rivelarlo di nuovo. Sorgendo nel luogo dove S. Francesco realizzò una capanna, diventa il locus amoenus in cui il viandante medievale, il pellegrino, il mercante, il lebbroso trovano ristoro. Nel toponimo stesso, la Scarzuola, è custodito il segreto della sua genesi: la Scarza, specie palustre, via di mezzo tra pianta terrestre ed acquatica, trae nutrimento dalle radici, ma ha bisogno per sopravvivere di abbondante acqua, fino ad esserne sommersa. Il paesaggio collinare diventa così acquitrinoso ed insieme ad esso, anche la Città rivela la sua natura anfibia. Fondendo la sua sostanza con la sostanza del luogo, vede da un lato innalzarsi un’acropoli di templi agglomerati in una sequenza di guglie, cilindri, sagome, membrature, densa di stratificazioni e complessità di articolazioni, dall’altro infittirsi il ritmo di uno skyline di torri vegetali che paiono ad un tempo essere emulate ed emulare la composizione delle torri minerali. Gli elementi che cingono questa commistione tra il teatro e la scena, delimitano un recinto, primigenio atto di fondazione delle città, che configura una stasi. I portici sono anzitutto rifugio, protezione dall’angoscia della vastità dello spazio, riparo dall’abbaglio di una luce troppo forte, frammenti di un bisogno di penombra. Il paesaggio pietrificato, fuori dal tempo è però attraversato dal vento, che anima i cipressi e tutte le altre particelle di specie vegetali: la stasi prende vita ed il recinto trasborda verso l’orizzonte: nella concatenazione di teatri e terrazzamenti si legge progressione; i portici da riparo diventano passaggio, sequenza di sequenze, percorso iniziatico attraverso la bocca della balena. Polifilo, amante di Polia, può forse indicare al nomade che si è stanziato e ad una città che si è fatta sentiero, la vocazione ultima delle cose: la fede nella sopravvivenza attraverso la metamorfosi e l’inclusione della contraddizione. Buzzinda che soffre di troppe cose, personale museo delle Idee rifiutate, collezione di rovine incompiute, frammento di sogno cristallizzato, sebbene sia realizzata in pietra, è fatta di tufo, materia tenera suscettibile di essere sempre di nuovo plasmata: monumento al divenire, metafora di selva animata.
2023
Bestiario. Nature e proprietà di progetti reali e immaginari
9788857598383
Tomaso Buzzi; antologia in pietra; paesaggio; guscio; selva
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
Sulla Natura della Scarzuola di Tomaso Buzzi. La sinfonia che risarcisce la perdita / Piselli, Alberta. - (2023), pp. 373-389. [10.7413/1234-1234014].
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1695727
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